Sabato, domenica e lunedì
3 atti di
Eduardo De Filippo
una delle massime creazioni del grande autore
regia di
Vincenzo La Camera
I luoghi della commedia
la commedia
In una scena essenziale e stilizzata nei toni chiari del grigio, quasi senza mobili né fronzoli, con una sobrietà che guida lo spettatore a concentrarsi soprattutto sul lavoro degli attori, la commedia si svolge nei tre giorni del titolo.
Il sabato Rosa prepara il ragù per il grande pranzo della domenica. Peppino, marito di Rosa e uomo ormai di una certa età, si sente trascurato dalla moglie e nutre per lei, che pure è abbastanza avanti negli anni, una morbosa quanto immotivata gelosia. Gli sembra infatti che Luigi, loro vicino di casa e amico di famiglia, usi troppe cortesie nei confronti di Rosa.
La domenica, durante il pranzo festivo al quale viene invitato anche Luigi con la moglie, Peppino non riesce più a stare zitto e denuncia la presunta tresca fra sua moglie e il vicino. A Rosa prende un collasso. E’ Giulianella, la figlia di Rosa e Peppino, ad aprire gli occhi al padre, dimostrandogli che fra lui e Rosa non vi è mai stata in effetti una vera comunicazione; ognuno di loro i “rospi” se li è sempre tenuti dentro ed ognuno dei due ha mal interpretato gli atteggiamenti dell’altro.
Il lunedì, sembra il giorno della pace: tra Peppino e Luigi e tra Peppino e Rosa, che tornano a parlarsi; il passato li unisce ancora con la forza e la tenerezza dei ricordi. Il lunedì, insomma, la vita torna in apparenza alla normalità. Ciascuno riprende a fare ciò che ha sempre fatto, si torna al lavoro, alla “tarantella” del lunedì, ma qualcosa di indecifrabile è mutato.
Fino a che punto ognuno è libero di immaginarlo, dato che il finale suggerisce nuove e imprevedibili possibilità...
il bene perduto della capacità di dialogare ...
A Napoli, negli anni ’60, cominciava l’esodo dai vicoli, in una prima fase del cosiddetto benessere che spingeva tutti verso una modernità di massa, fatta di case “nuove”, spazi commerciali, strade larghe e alberate, illuminazione urbana, mezzi pubblici. Il tufo veniva fagocitato dal cemento della speculazione edilizia, il legno e il marmo venivano sostituiti da nuovi materiali come la plastica e la formica.
Erano anni di crescita economica e di disorientamento morale per quel ceto medio o piccolo borghese che andava definendo la propria identità.
“Sabato, domenica e lunedi”, pur appartenendo a una dimensione corale, polifonica, è una commedia intimista che invita a riflettere sugli effetti devastanti di certi silenzi stagnanti tra le mura domestiche. E la vicenda assurge a simbolo della profonda fragilità che minava la società di quel periodo. Per Eduardo, la famiglia è uno specchio della società, a sua volta interessata da profonde e rapide mutazioni: dalla seconda guerra era nata un’altra Napoli, con nuove immagini di sé che, sostituendo quelle precedenti, modificavano la relazione con il passato.
Nell’emblematica vicenda dei Priore, la famiglia (o la società), in anni in cui si cercavano strade percorribili per uscire dalla precarietà postbellica, aveva davanti a sé due possibili direttrici: sul piano “pubblico”, quello del lavoro e più in generale delle relazioni esterne, la stipula di un solido patto tra l’esperienza del passato, ovvero la memoria di ciò che si era stati, e le idee innovative, il coraggio di rischiare, la voglia di fondare una nuova esistenza; sul piano “privato” o degli “affetti”, il superamento dell’“afasia” (o della guerra, con la sua logica di pura sopravvivenza) attraverso il recupero di un dialogo per troppo tempo interrotto, la riscoperta di una sincerità di accenti troppo a lungo messa da parte. La notte calata sul matrimonio dei Priore, e la conseguente esplosione di rancori violenti e irragionevoli, anche quando sembra dissiparsi lascia dietro di sé personaggi “smarriti”.
Nel lunedi della commedia – così come, con la fatica quotidiana e sotto il peso del trauma identitario subito con il conflitto mondiale, la città era tornata alla vita ricostruita del dopoguerra – la famiglia Priore si sforza, con ferite più o meno profonde mascherate dalla convenzionale “normalità” del ritorno agli impegni sociali, di ricostruire una possibile quanto fragile quotidianità dopo il dramma scoppiato la domenica. Con la crepuscolare consapevolezza che “l’armonia” di un tempo è ormai “perduta”, senza che ne sia stata ricreata un’altra che offra solide garanzie.