Serata De Filippo
testi di
E. e P. De Filippo
spettacolo omaggio a due grandi del teatro
regia di
Vincenzo La Camera
i testi
PERICOLOSAMENTE >
Ciò nonostante Dorotea, questo il nome di lei, malgrado tutto sembra resistere ad ogni attacco. Di tutto questo è completamente ignaro il malcapitato Michele che, di ritorno da un lungo soggiorno in America, cerca solo una camera in famiglia dove poter alloggiare in santa pace. E dove va a finire Michele? Ma naturalmente a casa di Arturo e Dorotea! E così una serata apparentemente tranquilla si trasforma in una divertentissima e letteralmente scoppiettante successione di incredibili momenti!
VINCENZO DE PRETORE >
Dopo ogni furto, porta davanti ad un'immagine del Santo candele e lumini. Forte di questa protezione, comincia a rubare ovunque e con la massima tranquillità. Un giorno, tuttavia, un derubato lo coglie sul fatto: lo afferra, lo picchia e gli spara. Vincenzo cade in coma e, trasportato in ospedale, mentre è sul tavolo operatorio improvvisamente si trova di fronte alle porte del Paradiso, dove chiede di poter entrare sostenendo di essere un protetto di S. Giuseppe. Dopo varie insistenze, si troverà al cospetto di Dio, in un al di là fortemente umanizzato tutto da godere.
DON RAFFAELE IL TROMBONE >
Intanto si lamenta della società, che non riconosce la sua arte, e pur di non tradire la sua grande passione rifiuta qualsiasi altro lavoro (chi prova a trovargli una buona sistemazione, ne ottiene in cambio insulti e maltrattamenti!). Quindi vive miseramente, con i pochi soldi guadagnati suonando ai matrimoni, dopo che anche il tentativo di aprire un negozio di musica è fallito. Amalia e Lisa, rispettivamente moglie e sorella di Chianese, non accettano di buon animo questa condizione e soprattutto Amalia, che non crede molto nelle capacità artistiche del marito, lo sprona a trovare un’attività più redditizia. Anche Nicola Belfiore, nipote di Raffaele e musicista a sua volta, vive di stenti, anzi le sue cose sono addirittura peggiorate da quando ha cominciato a suonare con suo zio, che egli quindi addita quale "iettatore". Fino a quando in casa di Raffaele “il trombone” giunge Alfredo Fioretti, uomo distinto, ben vestito, che si presenta come maestro di pianoforte e concertista, proponendogli un vantaggioso ingaggio e un lauto anticipo…
una pistola, un ladro ed un trombone ...
Una moglie che muore tutti i giorni, un ladro forse morto che polemizza con i Santi, un novello sposo che morendo condanna un poveraccio ad una fame senza scampo. Tre storie tenute insieme dal filo conduttore …
della morte: una morte solo temuta oppure incombente o anche autentica, ma sempre surreale, sempre imprevedibile e sempre così poco credibile, così diversa da quella che a volte ci fa paura, da sembrare nient’altro che il goffo prolungamento di vite strampalate o un loro curioso accidente. Comunque una morte tutta da ridere, ridotta a banale ricorrenza quotidiana o a fastidioso incidente di percorso, e si sa che l’assenza di paura della morte non solo rende facile la comunicazione con l’aldilà ma autorizza anche ad imporre all’altro mondo le logiche terrene, impostando il rapporto su basi umane e facendo piazza pulita del mistero. Come accade a Vincenzo De Pretore, che, attraverso una delicata trasfigurazione del reale nel fantastico, litiga con innocente irriverenza con San Giuseppe, o come accade a don Raffaele “il trombone”, che dà dell’imbecille al povero defunto, reo soltanto di essere morto prima di averlo pagato. Entrambi, il Vincenzo di Eduardo e il Raffaele di Peppino, incarnazioni di un carattere tipico della creatività dei due fratelli, quello cioè dei sognatori costretti al termine della vicenda a scontrarsi con la brutalità del reale (e in questo senso don Raffaele, con la sua ingenua bonarietà e i suoi mal riposti sogni di gloria, perfino con la sua maschera corporea, ricorda molto da vicino Charlot). Così come un altro segmento tematico, frequentissimo nella produzione dei due autori e fonte di tanta della loro comicità, è quello del rapporto antagonistico tra marito e moglie che, permeando entrambi gli atti unici, nel caso di "Pericolosamente" addirittura si materializza in una pistola, oggetto anch’esso ricorrente nel teatro dei De Filippo e soprattutto nella loro produzione farsesca. Nella farsa, infatti, il colpo di pistola, privato della sua pericolosità dalla carica a salve, segna semplicemente il colpo di scena, quando il ritmo dello spettacolo esige l’azzeramento e il rapido cambio di situazione in un’azione che le motivazioni logiche e psicologiche avrebbero stentato a concludere. Del resto, cosa c’è di più violento della farsa?